venerdì 22 febbraio 2013

Capitolo 1- Il pentito



I titoli del Telegiornale scorrevano scandendo la cena.
“Rivelazione shock del pentito: la ragazza sparita data in pasto ai maiali”…..“Ulteriore rincaro del carburante ..il petrolio sfiora i 137 dollari al barile ….”
-Al sud non succede niente che non sia manovrato dalla criminalità organizzata-sentenziò Guido tra i denti, mentre la figlia Rossella sembrava intenta a divorare avidamente una fetta di anguria.
In effetti la notizia del pentito avrebbe sollevato un gran discutere nei giorni seguenti. Intuitivamente un pensiero dubbioso di Rossella andò all’uomo che aveva fatto tali dichiarazioni. Lo immaginò nella sua cella di isolamento, intento a riflettere sulla rivelazione, sulla notizia che gli avrebbe consentito di migliorare la sua condizione, di sollevare un po’ di polvere per nascondersi dentro.
Doveva essere un esperto nel nascondersi, prima latitante tra i boschi dell’Aspromonte, poi nel bunker costruito nello stesso paese in cui aveva vissuto, tristemente famoso per fatti di cronaca nera: un cumulo di case immerso nelle aspre colline, brulle d’estate e verdeggianti durante il resto dell’anno e percorse da vigorose capre inerpicate in mezzo ai rovi ed ai fichi d’india.
Quel cumulo di case appare come un disordinato, selvatico ammasso di cemento allo sguardo di un inesperto visitatore, ma in realtà è quasi una città, in parte emersa e visibile, in parte sommersa e sotterranea, intricato groviglio di tunnel e bunker.
La città sotterranea è silenziosamente viva e popolata, almeno quanto la parte emersa. I latitanti ci vivono come topi tra stoviglie ed immagini sacre e dal sommerso governano l’emerso. Armi e munizioni viaggiano attraverso i tunnel, ed i tunnel sbucano nelle case, e le case sono collegate tra loro in una magnifica opera d’ingegneria votata al male.
Il pentito, nella sua cella, era al sicuro e non aveva paura, sapeva che i vecchi fratelli lo volevano morto. D’altronde aveva rischiato più volte di essere ucciso e almeno altrettante aveva ucciso. Sapeva che la morte fa parte della vita e forse molto di più della sua rispetto ad altre.
 “Alla pari dei becchini”, disse sommessamente con macabro umorismo.
Ripensò al vecchio proverbio “ Chi si fa i fatti propri vive cent’anni” e a quanta saggezza ci sia nei detti popolari. Eppure sentì che, nel suo interesse, era necessario fare qualche rivelazione.
Da qualche giorno si era diffusa una certa frenesia tra le guardie, le sentiva bisbigliare per i corridoi e, si sa, il pettegolezzo corre veloce. Tra le tante parole sconnesse sentì di una ragazza spartita. Dicevano che il cadavere era finito in una porcilaia.
 Pensò che la notizia facesse al caso suo, che l’avrebbe messo al riparo dai pericoli della giustizia e dai suoi compari ancora per un po’ di tempo.
Sorrise sornione grattandosi i baffi di soddisfazione.


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